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Emotivi Anonimi - Conferenza stampa

17/12/2011 | News |
Emotivi Anonimi - Conferenza stampa

Alla Casa del Cinema di Villa Borghese è stato presentato quello che è stato definito il “cine-cioccolatino di Natale”, la commedia Emotivi anonimi che uscirà in Italia il 23 dicembre. Alla conferenza stampa seguita alla proiezione il regista Jean-Pierre Améris ha parlato del suo film che ha per protagonisti due “emotivi” alla massima potenza. Il regista ha parlato dei disturbi legati alla iperemotività, al panico incontrollato, all’ansia, di cui soffre da molti anni in prima persona.

Come ti è venuta l’idea del film?
J-P Améris: Il film è autobiografico perché in Francia dieci anni fa ho frequentato per due anni le riunioni degli Emotivi Anonimi, un’Associazione nata per aiutare le persone che hanno difficoltà ad allacciare rapporti. Ne avevo scoperto l’ esistenza su un giornale e credo che esista un’Associazione del genere anche in Italia. Funziona come gli Alcolisti Anonimi, o come i gruppi dedicati ai Sex-Addicted o ai Debitori Anonimi: ci sono tanti gruppi che aiutano persone affette da qualche disturbo o dipendenza. E poi dieci anni fa la mia timidezza e iperemotività si stava trasformando in un handicap. Per me anche partecipare a un cocktail, diventava fonte di ansia e preoccupazione, perché data la mia altezza sarei stato notato. Quando ho cominciato a partecipare  a queste riunioni non pensavo che ne avrei fatto un film, ci sono persone che appartengono di tutte le età e di tutte le estrazioni sociali. Per esempio c’erano manager che avevano difficoltà a prendere la parola durante riunioni e consigli d’amministrazione e c’erano ragazze molto belle che raccontavano di avere vite sentimentali disastrose. Tutte queste cose a un incontro superficiale non sarebbero venute fuori. In queste riunioni ci si rende conto di non essere i soli a soffrire di queste ansie, sono tante le persone che vivono male lo sguardo degli altri. La cosa bella è e che alla fine di queste riunioni si rideva di queste situazioni. Per questo quando ho cominciato a scrivere il film nel 2006 l’ho sempre immaginato come una commedia.

Come mai hai scelto di avere due cioccolatai come protagonisti ?
J-P Améris: E stata un’idea venuta allo sceneggiatore belga Philippe Blasband, abbiamo scritto la maggior parte della sceneggiatura in Belgio all’interno di una sala da the mangiando pasticcini e cioccolatini e così ci è venuto in mente di fare della protagonista una cioccolatiera. Abbiamo ragionato parecchio sul mestiere della protagonista perché a differenza dei miei film passati volevo allontanarmi un po’ dalla realtà e creare un piccolo universo a parte. E’ vero che alla riunioni cui partecipavo c’erano tanti insegnanti e impiegati di banca, sono tante le persone che soffrono di questi problemi che hanno a che fare col pubblico e devono nascondere il loro disturbo, ma io volevo rappresentare un universo a parte, un universo più grazioso, meno ancorato alla realtà, e poi il cioccolato è un po’ il simbolo stesso del piacere, ha una grossa carica di sensualità, qualcosa che si deve condividere. E così per i personaggi del film il cioccolato rappresenta quello che è stato il cinema per me nell’adolescenza ovvero il mezzo per esprimersi, il cinema mi ha aiutato a superare le mie ansie.

Qui in Italia sono stati girati due film dal titolo Lezioni di cioccolato nei quali una cioccolateria è lo sfondo di storie d’amore. Qui in Italia si sono girati due film sul cioccolato e si è usata la strategia del “product placement” in cui la pubblicità ha un ruolo importante. Tu sei riuscito a fare un film sul cioccolato senza mostrare mai un marchio o un logo, è stata una scelta dolorosa o no? Anche nella scena del Salone del cioccolato di Rouen non si vede mai un marchio.
J-P Améris: Probabilmente il mio produttore sarebbe stato lieto se avessimo coinvolto qualche marca di cioccolata ma non ho mai discusso di questo. La fabbrica di cioccolato doveva essere una piccola fabbrica artigianale, anche perché io, per natura, sono più vicino ai piccoli. La fabbrica di Jean-René probabilmente non assomiglia granché alle cioccolaterie di oggi che sono ambienti molto più asettici. Ma quel posto riflette la personalità del padrone e quando una persona soffre di ansia tende a non cambiare mai le cose che lo rassicurano.

Pensi che i nostri politici sia italiani che francesi abbiano un gruppo di Emotivi Anonimi a Bruxelles? Il film può essere visto come una specie di terapia di gruppo?
J-P Améris: Avevo voglia di realizzare un film che potesse aiutare gli spettatori, in effetti dopo l’uscita ho avuto complimenti da parte di molte persone, mi si ringraziava perché il mio lavoro  aveva aiutato qualcuno a superare le proprie paure. La cosa brutta dell’ansia è che ti impedisce di vivere bene, nelle riunioni cui partecipavo molte persone avevano rimpianti perché avevano rinunciato a tante cose; molti lasciano passare la vita senza correre dei rischi e spero che questo film possa in qualche modo aiutare queste persone. Oggi viviamo in un modo in cui tutti sono ossessionati dai grandi risultati, bisogna sempre riuscire in tutto, ci vengono proposti dei modelli vincenti e io avevo voglia di fare un film in cui si vede che persone più piccole, più modeste, arrivano a realizzare le loro passioni. Nel loro modo, magari con percorsi diversi, ma ce la fanno.

Come hai scelto gli attori?
J-P Améris: Con Isabelle Carré avevo già lavorato quattro anni fa nel film per la televisione Maman est folle e avevamo scoperto di avere molte cose in comune. Ho scritto il personaggio di Angélique pensando a lei che nella vita reale ha molti aspetto in comune con il suo personaggio. D’altronde ci sono molti iperemotivi tra gli attori e sono molti più di quanto si pensi. Isabelle mi ha dato diverse idee, per esempio l’idea di far cantare i protagonisti. Mi ha raccontato che nella vita quando deve affrontare una situazione difficile canta per darsi coraggio. Entrambi gli attori sono vicini ai personaggi che interpretano. Per quanto riguarda Benoit Poelvoorde non lo conoscevo, ho scritto il suo ruolo pensando a lui e ai film che aveva interpretato, quindi ho pensato a un ruolo comico. Lui nella vita è un uomo estroverso ma secondo me è una strategia, d’altronde tutti noi adottiamo delle strategie. Lui stesso ha detto che il modo migliore per nascondersi è fare tanto rumore. In Francia quando gli chiedevano se avesse avuto difficoltà a interpretare il suo ruolo ha detto che gli bastava imitare il regista.

Quando il film è uscito è stato per te come una liberazione dalla tua ansia? Ti ha stupito il successo che ha avuto in Francia?
J-P Améris: Diciamo che nonostante il successo, una persona con la tendenza all’iperemotività un motivo per essere ansioso lo trova sempre. Con i miei film precedenti l’idea che non avevo avuto così tanto successo mi angosciava, ma ora aver avuto successo non mi ha liberato dall’ansia. E poi questa è la prima commedia, i miei film precedenti erano più “dark”, e fare un film che può far ridere e anche fare del bene agli spettatori mi fa sentire bene.

L’ ansia e fobia sono la stessa cosa?
J-P Améris: Quella che si chiama fobia sociale è lo stadio ultimo dell’ansia, ci sono persone che non riescono a uscire dicasa, alle riunioni degli Emotivi Anonimi ho incontrato persone che mi dicevano che quella era la loro unica uscita settimanale. Io non sono mai arrivato a questo livello di fobia ma una cosa che mi dà fastidio è per esempio quando qualcuno sale in ascensore con me. Ma la cosa che mi da più fastidio è andare nei negozi a provare vestiti, essendo così alto ho anche difficoltà nelle taglie e finisco sempre per comprare in fretta e un po’ a caso. Credo che siano in tanti ad avere questi problemi. Tutto quello che ha a che fare con il proprio corpo, con la propria fisicità può dare imbarazzo.

Ma tu ansia non l’hai ancora superata? Come gestisci le domande dei giornalisti nelle conferenze stampa?
J-P Améris: Ormai ho cinquant’anni e ho imparato a gestire questo aspetto, è un anno che giro per promuovere il film e un po’ mi sono abituato, lavorare fa da motore, mi spinge a fare le cose. Quando ero piccolo ho sempre sognato di fare il regista e nonostante la paura sapevo di doverlo fare. Per questo ormai ha questa strategia: più una cosa mi fa paura, più penso di doverla fare, di buttarmi, l’ansia è diventata un po’ il mio alleato, è quasi un gioco per evitare di scendere ancora più in basso con la mia autostima.

Pensi di continuare  a raccontare ancora in futuro le avventure degli Emotivi Anonimi?
J-P Améris: In effetti in Francia visto il successo, tutti mi dicono che la commedia mi è venuta meglio rispetto a quello che facevo prima e che dovrei continuare a farne. Devo dire che la commedia non è la cosa che mi viene più spontanea ma spero in futuro di poter conservare alcuni elementi di questo film. La cosa certa è che tutti i mei film hanno al centro la paura come la paura dell’altro o la paura dell’impegno sociale. Ma io sono una persona positiva e voglio mostrare le persone che in qualche maniera riescono a vincere le paure.

Le commedie francesi hanno questo carattere di universalità e spesso se ne sono accorti a Hollywood. Hai già avuto offerte per un eventuale remake?
J-P Améris: Il film negli Stati Uniti è uscito da poco, ma si, mi piacerebbe, sono aperto a tutto. Per il mio film mi sono rifatto alla tradizione anglosassone della commedia, confesso il mio amore per le commedie degli anni degli ‘40 e ‘50, l’universo dei miei film viene da registi come Ernst Lubitsch oppure come Blake Edwards di cui amo un film come Victor Victoria. Per il personaggio di Angélique ad esempio ho fatto vedere a Isabelle i film di Ginger Rogers e per il personaggio di Jean-René mi sono ispirato a James Stewart e al suo modo impacciato e goffo di muoversi.

Elena Bartoni

 


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